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Yo soy

El Requinto !

(Il percorso di affermazione

 dei chitarristi della Bachata)

     

       A cura di Dino Frallicciardi

       Aprile 2024. Tutti i diritti riservati.

 

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«C'erano una volta: una chitarra, un basso e delle percussioni…»… No… non stiamo raccontando una storia Rock… Stiamo parlando di una Band di Bachata; in questo articolo parleremo, infatti, del chitarrista bachatero, comunemente definito “Requinto”, analizzando la sua evoluzione artistica nella storia di questo genere musicale. Vale la pena ricordare che gli articoli di questa Rubrica (Que Rico Sonido) trattano argomenti di musica caraibica analizzandoli secondo la prospettiva del musicista e pertanto ci soffermeremo anche su qualche dettaglio squisitamente tecnico, senza entrare, ovviamente, troppo nello specifico per non annoiare il lettore.

Nell’anno 2024, possiamo affermare che la Bachata è diventata, di fatto, uno dei ritmi caraibici più conosciuti e ballati nel mondo (alcuni sostengono che sia diventato addirittura il principale ritmo di massa). Come tutte le espressioni artistiche globalizzate, ha ricevuto contaminazioni ed influenze musicali esterne e dunque ha seguito un percorso evolutivo affascinante ed imprevedibile. Nonostante sia diventata tanto diffusa (non dimentichiamo che nel 2019 la Bachata è stata dichiarata patrimonio culturale dall’UNESCO) tuttavia, dei chitarristi bachateri si parla ancora troppo poco, eppure nella gran parte dei casi, certamente non sono tecnicamente inferiori ai chitarristi più affermati della musica occidentalizzata.

La Bachata nasce in Repubblica Domenicana nella seconda metà del secolo scorso, negli umili ambienti rurali ed emarginati del tessuto sociale schiacciato dal periodo dittatoriale di Trujillo, germogliando dalla confluenza dei caratteri tradizionali musicali tipici del Bolero Cubano, del Merengue, del Changui nonché dell’accattivante eco del Blues. A differenza dei musicisti merengueri che potevano disporre di una strumentazione più costosa (ad esempio la Fisarmonica) i musicisti bachateri forgiavano il proprio bagaglio esperienziale partendo da strumenti musicali più umili e facilmente disponibili come quelli costituiti da legno e fili di metallo. Il Requinto è senza dubbio lo strumento più datato e più caratteristico della formazione bachatera al suo sorgere: si tratta di una chitarra con corde di nylon dalle ridotte dimensioni (circa del 20%) che può differire anche per l’accordatura che solitamente si ottiene portando le corde ad una posizione più acuta di una quarta. Suonare il requinto significava anche e soprattutto dimostrare, con spavalderia, la propria abilità e dunque la sfrontatezza delle performance dei Requintos, sottoforma di arpeggi ed assoli rapidi e ripetitivi, resero tanto accattivante questo ruolo al punto da confondere con lo stesso termine sia lo strumento che il musicista che diventa dunque, nell’immaginario collettivo «El Requinto» del gruppo. Tra i primi Requintisti della storia della Bachata dobbiamo ricordare certamente:  Elidio Paredes (“El Chichi”), attualmente riconosciuto come il principale padre fondatore, dello stile chitarristico in esame, insieme ad Augusto Santos, ma anche Ramon Cordero, Jose Manuel Calderon, Luis Segura… Edilio iniziò la sua carriera come chitarrista bolero dopo essersi trasferito, molto giovane, in Santo Domingo, dove diventò musicista di riferimento per tutti gli artisti che registravano all’interno degli studi della Casa Discografica dell’impresario Radhames Aracena, proprietario anche di Radio Guarachita, la principale Radio a diffusione nazionale. Attraverso le sperimentazioni, negli arrangiamenti di requinto di Paredes, Augusto Santos ed altri elaboratori dei suddetti studi musicali, nacque un nuovo modo di interpretare il requinto che di fatto non era più legato necessariamente al Bolero. Paredes collaborò con Ramón Cordero, Marino Perez, Bernardo Ortiz, Bolivar Peralta, Josè Manuel Calderon. Il principale stile esecutivo era basato (oggi ancora molto usato) sulla già diffusa tecnica chitarristica del “picado” (di provenienza flamenca) ovvero, il «pizzicare» le corde con la punta delle dita (o unghia) in modo alternato e rapido, producendo suoni chiari e brillanti. Fu proprio José Manuel Calderón a dar vita alle prime registrazioni di Bachata con “Borracho de Amor” e “Condena”. Come abbiamo detto, anche Augusto Santos fu un Requinto molto ambito dai principali cantanti e gruppi bachateri per arrangiare e registrare i propri brani: tra i suoi primi incarichi ritroviamo, ad esempio “Con el amor no sejuga” e “Ladrona” di Felix Quintana (1966) ma Santos arrangiò anche Calderon, Marino Pérez , Ramón Cordero , Leonardo PaniaguaEladio Romero Santos e tanti altri al punto che tra Paredes e Santos si instaurò una sorta di rivalità pacifica.

Con il passare degli anni di questo magnifico fine secolo per la Bachata, la collaborazione tra cantanti/gruppi, arrangiatori e chitarristi raffinò notevolmente la tecnica chitarristica dei Requintos. E’ il caso di Antony Santos (alla corte di Luis Vargas, ottimo Requinto ed amante dei suoni di chitarra modulati con phaser, chorus, flanger… ), Gesù Martinez (chitarrista di Blas Duran), Martires de Leon, Jose Manuel che testimoniano la diffusione di una serie di innovazioni tra le quali la tecnica di pizzicamento delle corde verso il basso con il pollice e l’utilizzo di chitarre con corde in metallo peraltro amplificate elettricamente. Siamo in una fase storica (negli anni ’80-’90) in cui questo genere musicale iniziava ad assumere caratteristiche di potenziale mondializzazione ed i Requintisti acquisivano una nuova dignità artistica. Le tecniche esecutive-espressive di Antony Santos e Gesù Martinez sono diventate modelli di riferimento e di ispirazione per lo studio e l’approfondimento di chitarristi che possiamo definire di “terza generazione”, in particolare di quelli residenti negli Stati Uniti ed influenzati da altri generi musicali (Pop/Rock/Funky/Hiphop/R&B). Martires de Leon è altresì un chitarrista molto tecnico e dalla intensa attività di ricerca: molto importanti sono stati i suoi progetti di arrangiamento e le sue modalità di registrazione applicate nel corso di lavori con artisti del calibro di Ramon Torres, Genao Lara, Rafael Montilla, Monchy y Alexandra… Non va dimenticato, insieme a questi “innovatori” l’apporto di un mago chiamato Juan Luis Guerra che ha avuto il grande merito di utilizzare questi approcci  (in particolare con la chitarra) per farne un perfetto modello musicale pronto ad essere esportato in tutto il mondo e la ammirevole abilità del Maestro Guerra sta proprio nel fatto di essere riuscito a presentarsi al pubblico planetario proponendo nello stesso tempo una musica “nuova” dagli elementi tradizionali domenicani, ed interpretata con linguaggi strumentali universali.

Oggi i bachateros-Reqintos usano le chitarre elettriche a sei corde e suonano uno stile arricchito con tecniche esecutive condivise con altri generi (sliding, bend, palm-mute, hammer-on, pull-of; tapping !); inoltre curano molto il suono con strumentazioni analogiche o digitali che producono effetti artificiali sempre più sofisticati e graditi al publico moderno. Tra i nomi più noti ed apprezzati di questi Requintisti sostanzialmente contemporanei sicuramente ci sono Lenny Santos, Joan Soriano, Ricky Manuel, Joel Tavarez, Gio Williams. Lenny Santos è il cofondatore degli “Aventura” (nel quale militava anche el “Rey” Romeo Santos), gruppo che negli anni ’90 ha predicato la Bachata in tutto il mondo. E’ mia consuetudine definire Lenny Santos come il “The Edge” (U2) della Bachata perché nella creazione degli arrangiamenti dei propri brani, cerca di dare spazio, oltre alla originalità delle parti soliste, soprattutto alla ricerca e cura di nuovi suoni da sfruttare nei riffs del tema principale e negli arpeggi, metabolizzando tutto quello che riesce a prendere in prestito dall’esperienza chitarristica dei classici della musica di massa occidentalizzata, incontrata nella sua esperienza di vita in New York. Suoni molto elaborati dai multieffetti per chitarra (chorus, flanger, wahwah) e perfettamente echeggiati con delay opportunamente settati, tutto con uno spirito libero e saggio che nella mia personale adolescenza ho apprezzato in The Edge degli U2. Molti delle parti di chitarra elettrica delle bachata degli Aventura sono ormai diventate cult per gli amanti delle sei corde. Joan Soriano è un Requinto moderno che ha suonato per molti grandi artisti bachateri tra i quali Zacarias Ferreira, Tono Rosario. Pur mostrando una tecnica chitarristica moderna e raffinata, si contraddistingue per il suo atteggiamento meno interessato alla sperimentazione di suoni processati: il suo sound è principalmente ispirato ad aspetti tradizionali.

I bachateros-Requintos contemporanei sono tantissimi: citarli ed analizzarli tutti sarebbe impossibile! E’ tuttavia sufficiente tracciare un loro identikit. Sono innanzitutto chitarristi che non si pongono più limiti: sono amanti della ormai rappresentativa serie APX della Yamaha, modificata con humbucker montato al manico scelto secondo i propri gusti (es. Classic 57’ Gibson o P90 del proprio gradimento) preferendolo al sistema «piezo»  oppure usandolo in mix; inoltre nel Live, scelgono anche chitarre elettriche con corpo compatto o semiacustiche Godin-style; usano multieffetti analogici o digitali (di solito Pedali classici Boss per Delay/Modulazione o pedaliere tipo Ibanez serie PT, Boss serie ME e GT); usano corde in metallo di calibro consistente o quanto meno non inferiori alla serie 010 per consentire una maggiore impatto nel pizzicamento; usano blocca-corde al manico per poter ottenere con le dita suoni acuti e brillanti; utilizzano il  «thumbpick» (pletto al pollice): una sorta di “ditale” in plastica o in metallo fornito di lingua che si fissa sul pollice per pizzicare le corde più gravi con maggiore decisione ed intensità. In conclusione, i chitarristi bachateri attualmente sono in piena sintonia con la trasformazione che la Bachata sta dimostrando verso la direzione di una musica con caratteristiche più “urban” e di massa; è sufficiente assistere ad un evento en vivo, ad esempio, di Juan Luis Guerra, Prince Royce o Manuel Turizo per rendersi conto che ormai non si tratta più di concerto del Cuarteto o Quinteto Bachatero ma di veri e propri allestimenti polistrumentali nei quali non manca più nulla: tastiere-sintetizzatori, batterie, fiati, effetti speciali audio e video. In questo nuovo setting professionale aperto a qualsiasi format interpretativo, il Requinto con la sua abilità e con il suo originalissimo modo di suonare, ritrova uno spazio nuovo, dalle potenzialità illimitate, in cui poter esprimere allo stesso tempo uno stile tradizionale ma anche universale negli elementi tecnici ed espressivi, fino al punto da non disdegnare neanche più, addirittura, un assolo con suono distorto (alla maniera di Ritchie Blackmore…), dimostrando, complessivamente di non essere inferiore a nessun altro chitarrista noto in ambito Leggero, Pop, Rock, Funky o Blues.

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A cura di Dino Frallicciardi per QueRicoSonido (spazio-web dedicato alla passione per la musica latinoamericana) creato da Dino Frallicciardi nel 2019.

Tutti i diritti riservati.

 

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Attraverso un’intervista al Maestro Tiziano Carfora in esclusiva per la rubrica Que Rico Sonido (condotta da Dino Frallicciardi) cerchiamo di capire quali sono gli elementi che differenziano una interpretazione esecutiva essenzialmente tecnica ed imitativa da una viva, espressiva, originale al pari delle performance dei percussionisti dell’oltreoceano.

 

Dino Frallicciardi (QRS): Renvenuti! In Europa tanti musicisti professionisti, anche virtuosi, provano ad inserire nelle creazioni musicali dal vivo o in sala di registrazione, pattens tropicali, tuttavia l’abilità e la documentata professionalità, nel mondo salsero, timbero (e così via) non sempre è sufficiente, al punto che l’ascoltatore appassionato ed il ballerino abituato a questi ritmi avverte la discrepanza emozionale tra un “mood” abbozzato ed uno autentico. Nel gergo comune nel mondo dei musicisti, sovente si ricorre ironicamente al termine: «suonare alla maniera di…» per descrivere uno stile imitato con scarso successo… 

Il Maestro Tiziano Carfora (nato a Milano) é un percussionista, arrangiatore, insegnante, musicoterapista. Si é formato alla scuola di grandi esponenti del genere sudamericano come: Candelario Cabèzaz, Daniel Barrajanos, Gilson Silvèira, Joel Driggs, Niky Marrero.

Una carriera di tutto rispetto. Collaborazioni molto importanti. Basta fare pochi nomi per rendersene conto:  Dirotta su Cuba, Gerardina Trovato (suonando anche all’Ariston di SanRemo), Franco Mussida, Pittura Freska, Papa Winnye, Mango, Nek, Ron e tanti altri nomi famosi della musica contemporanea. Ha suonato inoltre con Orlando Watussi, Niki Marrero, Tito Gomez, Alfredo de la Fè e altre orchestre caraibiche tra le quali Latin Sound Perù, Mambokids, Herman Gipsy, Chetango!.

Un grazie davvero di cuore al Maestro Tiziano Carfora per averci dato la possibilità di realizzare questa intervista che potete seguire anche in forma video su YouTube al link sotto riportato.

Benvenuto Maestro! Innanzitutto, come prima impressione, cosa ne pensi del tema di questa intervista?

Tiziano Carfora: innanzitutto grazie a voi per avermi invitato! Come tutti gli stili e tutte le arti, più scendi nel dettaglio della storia, delle «radici», delle tradizioni musicali e più riesci meglio ad esprimerti rispetto a quello che suoni ed interpreti. La musica Latina è musica popolare: conoscere ed approfondire il linguaggio ed il sentimento che esiste nelle sue profondità ti consente di suonare e “raccontare” in modo più vero…

QRS: una musica popolare che però è cresciuta tanto… basti pensare all’incontro con il Jazz nelle grandi metropoli statunitensi…

TC: sì certamente! Tuttavia tutto resta impiantato su elementi fondamentali di origine popolare come la clave che è la base di tutto…

QRS: come è nata la tua passione per le percussioni?

TC: a 16 anni suonavo la batteria a Milano: si iniziava a suonare le solite cose adolescenziali degli anni ’80. Un giorno ho conosciuto un signore che proveniva dal Venezuela: il suo nome è Carlos Ugueto ed è stato uno dei primi a portare i dischi di Salsa a Milano. Ho iniziato ad ascoltare con lui cose del tipo: Ray Barretto, Fania All Star, Arsenio Rodriguez, Ismael Rivera… Io già suonavo con musicisti messicani, brasiliani, africani e grazie a questi due stimoli mi sono avvicinato al fascino delle percussioni. Più passavo il tempo (le notti!) insieme a Carlos, ascoltando questa musica e più mi sono innamorato delle percussioni e della musica Latina… Poi Carlos mi regalò due bongos e da lì in poi non ho più smesso!

QRS: hai viaggiato molto per suonare musica caraibica: Cuba, Messico, Colombia, Sudafrica…

TC:  eh! Sì…ho fatto dei viaggi e delle esperienze incredibili! Anche in Brasile per suonare le armonie brasiliane, ma nel frattempo, comunque a Milano c’era un gran fermento: il pubblico italiano iniziava ad apprezzare questo boom europeo della musica latinoamericana.

QRS: e poi?

TC: e poi ho avuto la fortuna di incontrare grandi mestri che mi hanno formato tantissimo come allievo percussionista. In primis Daniel Barrajanos: era il percussionista di Erry Bellafonte; viveva a Milano; era un personaggio incredibile! Aveva due mani di ferro! Suonava questo grosso tamburo che si era fatto costruire che pesava tantissimo!

QRS: vero, Milano è stata, in Italia, sempre il centro della Musica Latina. D’altronde anche oggi il principale Festival Latino di riferimento resta quello Milanese…

TC: ci ho passato diversi anni in questo Festival ad Assago. Ha sempre ospitato gruppi importanti. Noi a Milano avevamo la Sonora Manteca… Un altro artista che mi ha dato la possibilità di approfondire il linguaggio salsero è stato Orlando Watussi, un grande sonero venezuelano, residente a New York. E’ stato sul palco con tutti noi e con artisti famosissimi: da Fania All Stars, a Ruben Blades, De la Fe… Orlando ha viaggiato in tutto il mondo realizzando dei dischi bellissimi!

QRS: al di là di tutte le sessioni live trascorse con gruppi musicali non salseri, qual è stata l’esperienza dal vivo che ricordi con più affetto ed emozione?

TC: ce ne sono state tantissime. Tuttavia un’esperienza indimenticabile è stato il tour che ho fatto con Alfredo De la Fè e Niky Marrero. Alfredo era stato già diverse volte in Europa e noi stavamo suonando a Milano con un’orchestra chiamata Latin Sound Perù che suonava salsa (14 elementi) facevamo ballare la gente per due ore tutti i sabati in un locale …

QRS: …quando i locali non badavano al numero di musicisti che ingaggiavano… (sorrido)

TC: … quando ai locali interessava far ballare la gente con i gruppi musicali! Anche se comunque non mancava il Dj, per la verità… e lì era necessario essere «caraibici» al 100%... Dunque dicevo che non Niki Marrero e De La Fe abbiamo girato su e giù per l’Europa in un furgoncino facendo tantissime date. Che emozione! Che ricordi! (si commuove) Niki è un percussionista esagerato! Un hermano en la salsa. Quando sei al fianco di personaggi così, capisci l’importanza dei contenuti non soltanto tecnici-musicali che ti insegnano e ti trasmettono…

QRS: … quindi non solo squisitamente tecnici… e quindi ci stiamo avvicinando al cuore del nostro tema dell’intervista... Appunto volevo chiederti: l’esperienza professionale che hai fatto, confrontata con i percorsi formativi nostrani che idea ti suggerisce, ovvero, come va considerata la nostra impressione che scaturisce nell’osservare musicisti, spesso anche tecnicamente molto virtuosi e preparati, che tuttavia sembrano «impacciati» quando si cimentano nell’esecuzione di arrangiamenti caraibici? La mancanza del giusto latin groove pensi sia dovuto alla mancanza di affinità del singolo musicista o a carenze delle proposte formative accademiche nostrane?

TC: ci sono bravi Maestri in Italia che conoscono bene il linguaggio caraibico, pochi per la verità ma è un fatto anche di sensibilità individuale. Lo studio è possibile per tutti ma ciò che esce dal cuore non è sempre possibile e garantito. Forse è quest’ultimo aspetto che fa la differenza tra il suonare “alla caraibica” e “suonare caraibico… averla dentro… avere la clave dentro… è un discorso così profondo… Forse si spiega meglio suonando che analizzando tecnicamente la teoria e la pratica. Come suonare una tarantella, suonare un mandolino, una tammorra: tutto quello che viene dal linguaggio popolare non necessita di grandi conoscenze tecniche ma di una grande sensibilità d’animo artistico. Se vogliamo, tanti artisti famosi, magari non sono stati dei fenomeni al conservatorio ma hanno poi scritto la storia della musica popolare; poi per noi Europei è sempre difficile suonare la musica popolare di altri luoghi del mondo (un esempio può essere la musica africana) nel modo giusto; poi ovviamente è necessario anche un certo talento. Non parliamo poi dei ritmi sincopati… dispari…! Non fanno proprio parte della nostra forma mentis (sorride). Però non va dimenticato che anche se suoni pop o funky, se hai la clave dentro, fai sempre la differenza!

QRS: entriamo un pò nel personale: a SanRemo, sull’Ariston, con Gerardina Trovato suonavi lo Djambe… Qual’è la percussione che preferisci suonare?

TC: io amo suonare tutto; in tutta onestà però mi divertono molto timbales e bongo perché ho suonato di più con questi strumenti. Anche le congas mi gustano, ma maggiormente i primi che ho citato.

QRS: la canzone “latina” (un mondo immenso ovviamente!) che ami particolarmente?

TC: tantissimi brani. Preferisco più che altro citare artisti o gruppi: Arsenio Rodriguez, la Sonora Matancera,  Ruben Gonzales, Ray Barretto, Gran Combo, Hector Lavoe… Un vecchio Son che mi da molta emozione è “Las Muchacas”: la suonavo con la Sonora Manteca.

QRS: come vedi lo stato di salute della musica caraibica attuale?

TC: certo c’è stata un’evoluzione enorme ed oggi sono cambiati i suoni, gli arrangiamenti; c’è grande contaminazione. Nello stesso brano puoi trovare ritmi diversi. La pandemia ha favorito l’utilizzo della musica elettronica a scapito delle orchestre e questo mi dispiace molto (ma soprattutto in Italia perchè all’estero ancora si suona tantissimo live). Qui in Italia ci siamo troppo assuefatti alla disponibilità ed all’offerta dei Dj ma il sapore della musica dal vivo è un contatto di altro livello ed è bellissimo potersi ritrovare. Le opportunità del live si sono ridotte moltissimo ma forse qualcosa sta ritornando: è una speranza sia per chi suona che per chi balla. A Firenze suonavo con un quartetto (Tierra Nueva) per i localini musica cubana e si creavano ambienti tanto affiatati (ed affollati) che suonavi e ti ritrovavi i ballerini quasi addosso (ride) con uno scambio di emozioni indescrivibile! Una fantastica empatia. Si iniziava un brano e poi si finiva a fare per tutta la notte improvvisazione:  «descarga», soneo…

QRS: … essì … «sonear» … un’arte unica al mondo. Da tempo dico che i migliori cantanti al mondo di musica popolare sono i caraibici… Senti.. Tiziano, i tuoi progetti futuri?

TC: a parte la mia attività della musica live, lavoro molto come percussionista nelle sale di registrazione in progetti musicali anche non latini. Inoltre come dicevo all’inizio, la mia formazione con Antonio Testa, musicoterapeuta, mi ha permesso di intraprendere un viaggio molto interessante all’interno dei suoni naturali, dei materiali di riciclo, dell’uso di strumenti naturali anche in collaborazione con grandi musicisti. Solo l’anno scorso ho collaborato con Franco Mussida, questo splendido e famoso chitarrista italiano (Paolo Costa al basso, Giovanni Boscarioli alle tastiere… musicisti del giro di Laura Pausini) ed insieme a lui abbiamo creato un album tutto di suoni naturali (per esempio con l’uso della zucca d’acqua!). Faccio laboratori di musicoterapia diretti ai bambini nelle scuole e tanti altri progetti simili.

QRS: allora! Rispondiamo alla domanda del tema dell’intervista con una tua conclusione: tra il suonare “alla caraibica” e suonare caraibico c’è di mezzo?  Lo dice il Maestro Tiziano Carfora:

TC: … c’è di mezzo … el corazon … el corazon latino… c’è di mezzo la clave con i suoi legni che battono e ti battono dentro nel cuore. Come tutte le arti in generale non è solo tecnica ma è soprattutto cuore… e la musica Latina è questo: è corazon ! La Salsa è uno «stile di vita» ed è bello viverlo ed io sono contento di aver speso la mia vita, finora, in questo modo.

QRS: grazie Maestro per la tua disponibilità ed in bocca al lupo per tutti i tuoi progetti attuali e futuri.

TC: grazie a voi per avermi invitato e come dice mi «pana» (Orlando Watussi): «siempre pa’lante mi hermano… siempre pa’lante !».

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Estratto dal Blog QueRicoSonido (spazio web dedicato alla passione per la musica latinoamericana) creato da Dino Frallicciardi nel 2019.

Tutti i diritti riservati.

 

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